Eros nipponico

23:46


L'eros!
fa parte della vita di ogni cultura e sicuramente i nipponici sanno molto in materia, è stata allestita una interessante mostra a proposito e passo qua il bellissimo articolo di SOLE24ORE:



Milano: il Palazzo Reale e la Fondazione Mazzotta s'inerpicano sulle cime della lussuria nipponica, laddove l'arte racconta di cose indicibili, preziosa come oro. "Shunga. Arte ed Eros nel Giappone del periodo Edo" non è semplicemente una mostra, ma un percorso d'iniziazione erotica come non se ne vedevano dai bei tempi degli spinti cartoni animati che dal sol levante invadevano le nostre tivì commerciali.

"Shunga" è parola giapponese che significa «pittura dei genitali» e indica le xilografie di soggetto carnale, dette anche "hi-ga" («immagini segrete»). Le raccolte di shunga erano considerate veri e propri manuali di avviamento al piacere dei sensi e venivano donate alle ragazze prossime alle nozze (le donne, perciò, pare le chiamassero "yo-me-iri-makura", cioè «cuscino nuziale»). A questo genere si dedicarono i più famosi incisori giapponesi: Harunobu, Koryûsai, Bunchô, Kunisada, Hokusai. I soggetti rappresentati sono vari e variamente dissoluti: si va dalla raffigurazione delle tenerezze più delicate a quella delle perversioni più spinte, fino alle fantasie sessuali più sfrenate, non senza, spesso, una sottile vena umoristica che pervade il tutto.

C'è Moronobu, considerato il padre dell'ukiyo-e (l'arte della stampa che rese l'arte di massa) e c'è il mitico Harunobu, colui che elaborò un'immagine della donna che non s'era mai vista: la femmina raffinata e fragile. Egli dominò gli anni tra il 1764 e il 1770 e mise in scena il sogno a occhi aperti dell'uomo medio: incontrare per caso una donna con la sua inserviente impertinente, durante una passeggiata dai risvolti boccacceschi. E, siccome tutto il mondo è paese, ecco la serie di "Harunobu Furyu enshoku Maneemon" (Le avventure amorose di Maneemon), del 1768, una sorta di versione erotica delle avventure di Pollicino. Opera di Harunobu, ma attribuibile al suo allievo Harushige, per l'uso spregiudicato della prospettiva.

Koryusai, dal canto suo, propugna una visione più sporcacciona del mondo, rispetto ad Harunobu. Costui è autore di serie ognuna delle quali rimanda a un mese dell'anno.

Per noi occidentali, tutto questo appare esilarante. A tratti, seducente. La concezione monumentale dei corpi funge da maschera di contrasto nei confronti della serenità che le composizioni paiono promanare.

L'atto sessuale pare a suo agio nella pur dinamica lentezza della riproduzione grafica. A parte i peni e le vulve – dalla magica e tenue fattura – sembrerebbero atti decenti in luogo pubblico. Ossia mentali.

Ovvero, spirituali.

Stili classici e sfoggio d'opulenza s'alternano.

Hokusai: il maestro. Il suo stile shunga è energicamente espressionista: le composizioni sono caratterizzate da scatti nervosi delle linee che concorrono ad accentuare gli effetti plastici delle scene amorose. È un linguaggio ben diverso da quello più aristocratico dei maestri della fine del Settecento. Tra i fogli degni di menzione il n. 84: una geisha è raffigurata mentre bacia il suo amante segreto durante un festival; l'uomo ha la testa coperta con un ventaglio, usato per la performance della danza del leone.

Artifici della composizione. Mille rimandi. Erotismo come stile di vita.

Ah, che tempi e che mondi!

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