Mapuche. si autodefiniva il figlio della terra per eccellenza.

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Gli abitanti del Tahuantinsuyo - che gli occidentali chiamano impero inca - indicavano lo spazio geografico dell’attuale Cile come il luogo in cui il mondo finisce. Infatti la sua conformazione è veramente strana: una stretta fascia di terra, molto lunga, di circa 4000 chilometri con una larghezza media di solo 150. Questa realtà è determinata dalle altissime montagne della catena delle Ande e dall’Oceano Pacifico, che sembrano volere avanzare, ciascuno dal suo lato, per confrontarsi, incuranti di valli, foreste, deserti che punteggiano l’area cilena.

All’inizio del XVI secolo buona parte delle coste verso il Pacifico dell’America del Sud era dominata dagli incas. Nell’arco di poco più di un secolo e mezzo essi avevano vinto decine di nazioni, conquistando un territorio che, nel massimo dell’apogeo, era quasi uguale a quello dell’Impero Romano. Nella parte meridionale la frontiera fu però disegnata da un popolo indomabile che riuscì a bloccare la marcia degli incas. Si trattava dei mapuchi, popolazione che occupava tutto il centro e una porzione del sud del Cile.
Mapu, nella loro lingua, significa terra e designa l’uomo.
Quindi il mapuche si autodefiniva il figlio della terra per eccellenza.
Per l’impero inca l’inferno vomitò dalle proprie viscere l’abominio e il dolore nel 1532, quando gli spagnoli guidati da Francisco Pizarro giunsero sulle loro spiagge e diedero inizio alla conquista e alla distruzione di millenni di cultura.
Nel giro di pochi anni essi depredarono, saccheggiarono e si installarono nei centri di potere dell’impero. Ma non sazi desideravano continuare ad inghiottire nuove terre e ad accumulare altre ricchezze. Nel 1539 Pizarro mandò un suo amico e compagno di massacri a occupare il Cile, assegnandogli il pomposo titolo di governatore generale. Si trattava di Pedro de Valdivia, castigliano, nato in Estremadura nel 1502, soldato competente, che aveva combattuto nelle Fiandre e in Italia. Al comando di truppe e di indii schiavizzati, e organizzando un apparato burocratico, egli si preparò a dar vita in breve tempo ad una nuova colonia della quale sarebbe stato il signore. Attraversò il terribile deserto di Atacama, percorse centinaia di chilometri, guadò i fiumi Maule e Itata e giunse fino al Bio-Bio. Gli invasori si rallegravano per le tante bellezze e meraviglie che vedevano.
Ma in breve tempo l’allegria cominciò a trasformarsi in sofferenza. Da dietro le montagne o dall’alto degli alberi frecce sibilavano sicure, mietendo vite. Un nemico silenzioso e invisibile chiedeva il sangue degli spagnoli. I conquistatori si possono accusare di tutto, ma non che fossero codardi, o che non conoscessero l’arte della guerra. Valdivia riorganizzò i suoi uomini, e sfruttando al massimo il vantaggio tecnologico di possedere cavalli, armature e armi da fuoco riuscì ad imporre ai Mapuchi battaglie campali dalle quali uscì vittorioso. In una di esse fece prigionieri centinaia di indii e in un atto di estrema barbarie li divise in due gruppi: a uno fece tagliare un piede, all’altro mozzare una mano. Sorridendo diceva di essere clemente, in quanto dava l’opportunità che quelli senza mano aiutassero quelli senza piede, e viceversa.
Fra i prigionieri vi era un giovane che Valdivia decise di prendere con sé per educarlo e possibilmente trasformarlo in un capo mapuche sottomesso agli spagnoli. Il suo nome era Lautaro.
Per conservare il dominio, i conquistatori crearono una serie di forti e una capitale, Santiago de Extremadura. Fu là che venne condotto Lautaro al fine di servire i dominatori. Imparò la lingua, i costumi e le arti belliche. In particolare conobbe da vicino i cavalli, animali che terrorizzavano gli indii, e divenne esperto nel trattarli.
Gli anni passarono e una volta di più i mapuchi riunirono i capi delle loro comunità e sotto la guida di Caupolican ripresero la guerra di resistenza. Il governatore generale si trovava nella città fortificata di Concepción quando gli giunse la notizia della ribellione. Mobilizzò rapidamente le sue forze e si mise in marcia, mentre nella retroguardia seguivano tremila indii servi degli spagnoli. Alla loro guida era stato posto il giovane Lautaro, in sella ad un grande cavallo.
Pochi giorni dopo entrarono in contatto con una massa compatta di mapuchi ed ebbe inizio una nuova battaglia. Gli indii avevano appreso molto, ma erano ancora inferiori militarmente e di fronte ad un altro assalto della cavalleria cominciano ad indietreggiare. È il momento in cui si eleva il grido di combattimento di Lautaro, che ordina ai suoi tremila indii di attaccare gli europei. Sorpresi e aggrediti da due lati, dopo un’ardua resistenza, gli europei finirono massacrati. Lo stesso Valdivia cadde prigioniero. Racconta la leggenda che la sua morte fu atroce, essendo costretto a mangiare terra come punizione per quel suolo che tanto aveva desiderato e che aveva bagnato di sangue.
Con pazienza Lautaro aveva tessuto in schiavitù una rete di resistenza con i suoi fratelli indii, ed essa funzionò al momento giusto. In poco tempo egli venne riconosciuto come il leader militare di tutti i mapuchi. Sfruttando le sue conoscenze, egli rese i suoi combattenti ancora più temibili. Creò una cavalleria, migliorando le prestazioni degli europei, utilizzando una sella più leggera, proteggendo i fianchi degli animali con cuoio e eliminando gli speroni di ferro. Ogni cavaliere portava un compagno armato di frecce o lance che quando necessario smontava e combatteva a piedi. Inoltre usavano uno strumento a fiato per annunciare gli attacchi, fatto con le tibie dei castigliani. Questo espediente terrorizzava i conquistatori.
Così un forte dopo l’altro venne conquistato; rimaneva, come insediamento importante, solo Santiago. E fu nell’attacco alla capitale che Lautaro venne fatto prigioniero. L’odio degli invasori lo sottopose a crudeli torture e finalmente morì, dopo che gli vennero tagliate entrambe le braccia.
Nonostante il continuo arrivo di rinforzi agli iberici dal Perù, la guerra mapuche continuò per oltre un secolo. Infine l’orgogliosa corona spagnola dovette riconoscere i mapuchi come un popolo che non poteva essere vinto. E, caso unico nella storia della colonizzazione spagnola, riconobbe i mapuchi come un popolo che aveva diritto alle proprie terre e stipulò con essi un tratto, accettando che tutto il territorio a sud di Santiago (il fiume Bio Bio ne segnava il confine) appartenesse a loro.
E così fu per oltre due secoli; solo alla metà dell’800, con il Cile già indipendente, l’oligarchia mosse il suo moderno esercito per dominare quella regione.
Ma fino ad oggi, e sempre di più, i mapuchi rivendicano i propri diritti, il proprio suolo ed esaltano il loro eroe, l’eroe di tutti gli oppressi dell’America India, Lautaro, il figlio diletto della terra.

interamente tratto da gruppocome.it

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