Bullismo fa rima con sadismo

08:21



I giovani con un grado di aggressività più alto rispetto alla media dei coetanei sembrano mostrare soddisfazione quando infliggono dolore ad altre persone: è quanto risulta da una ricerca degli psicologi dell’Università di Chicago.

Nel corso di una serie di test, infatti, i cervelli di queste persone sottoposti a scansioni mediante la tecnologia dell’imaging a risonanza magnetica funzionale (fMRI), mostrano una notevole attivazione delle regioni cerebrali coinvolte nei processi di ricompensa mentre i soggetti guardano videoclip nei quali viene rappresentata una situazione in cui un personaggio causa dolore ad altri. Lo stesso tipo di attivazione, invece, non si evidenzia nei soggetti che non mostrano un comportamento aggressivo.

“È la prima volta che scansioni fMRI sono state utilizzate per studiare situazioni di questo tipo, che normalmente dovrebbero suscitare empatia in chi le vede”, ha spiegato Jean Decety, docente di psicologia e psichiatria all’Università di Chicago. "Questo lavoro ci consentirà di comprendere meglio il modo in cui i giovani adottano comportamenti aggressivi e violenti.”

Decety è considerato un esperto nello studio di emozioni quali l’empatia e di quei processi neurofisiologici che stanno alla base dei comportamenti sociali. Quest’ultimo studio era centrato sulla idea che una naturale disposizione all’empatia possa essere sostituita da altri meccanismi che hanno a che fare con l’aggressività.

Nel corso dello studio, il cui resoconto dal titolo "Atypical Empathetic Responses in Adolescents with Aggressive Conduct Disorder: A functional MRI Investigation" è apparso sull’ultimo numero della rivista “Biological Psychology”, sono stati confrontati ragazzi di 16/18 anni con un disturbo da condotta aggressiva con un gruppo di controllo costituito da adolescenti che non hanno mai mostrato comportamenti aggressivi e violenti di grado anomalo.

Tutti i giovani sono stati sottoposti a risonanza magnetica funzionale mentre assistevano a uno spettacolo in cui alcune persone provavano dolore, in un primo caso per via accidentale, per esempio a causa della caduta di un oggetto pesante, e in un secondo caso quando un’altra persona faceva loro uno sgambetto per procurare un danno intenzionale.

"Abbiamo riscontrato come nei giovani aggressivi erano attivati i circuiti neuronali implicati nell’elaborazione del dolore in misura uguale che nel gruppo di controllo”, ha spiegato Decety. “I giovani con un passato di comportamenti aggressivi, tuttavia, mostravano una specifica e notevole attivazione dell’amigdala e dello striato ventrale, un’area attivata dalla sensazione di gratificazione proprio mentre guardavano il dolore inflitto da altri, il che suggerirebbe che provassero piacere nell’assistere allo spettacolo.”

A differenza dei soggetti del gruppo di controllo, i giovani violenti non attivavano l’area del cervello coinvolta nell’autocontrollo, individuata nella corteccia prefrontale mediale e nella giunzione temporoparietale.

Il gruppo di controllo, infine, si è comportato in modo del tutto analogo a quanto mostrato in uno studio dell’anno scorso, in cui Decety e colleghi hanno utilizzato lo stesso tipo di metodica di imaging con soggetti tra 7 e 12 anni per studiare il grado di empatia nei confronti di persone che pativano un dolore.

Le scansioni hanno mostrato che quando questi bambini vedevano l’immagine di qualcuno colpito intenzionalmente, inoltre, si attivava la regione cerebrale associata alla comprensione dell'interazione sociale e del ragionamento morale. (fc)

lescienze.espresso.repubblica.it


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