Mcs, sensibilità chimica multipla

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Inizia come un’allergia. Un naso “da segugio”, ipersensibile. Diventa un fastidio continuo alla pelle, alle vie respiratorie. Un’irritazione cronica nei confronti di ciò che ci circonda. Si chiama Mcs, Sensibilità chimica multipla ed è stata definita “l’allergia del secolo”: una malattia immunotossica causata dall’inquinamento e dall’esposizione ai prodotti chimici di sintesi, che colpisce migliaia di persone ma di cui non si parla. Quando è in stato avanzato diventa una sorta di personale intolleranza al mondo. Nella sua fase iniziale, viene anche definita Tilt - Toxicant induced loss of tolerance (perdita di tolleranza indotta da sostanze tossiche) a sottolineare il “punto di non ritorno” che il nostro organismo raggiunge. In Italia, secondo i dati dell’associazione “Amica (Associazione per le Malattie da Intossicazione Cronica e/o Ambientale) che riunisce e assiste le persone che ne sono affette, è stata diagnosticata a circa cinquecento persone. Ma i casi reali sarebbero molti di più: “E’ una patologia “negata”, non riconosciuta”, dice Caterina Serra, giovane scrittrice e autrice di “Tilt“, un romanzo-inchiesta edito da Einaudi che raccoglie le storie di vita di persone affette da Mcs. “Solo 4 medici in tutta Italia la diagnosticano”. Perchè? “In genere viene scambiata per un’allergia cronica, asma, un problema del fegato, stanchezza cronica, addirittura problemi mentali”. E’ difficile accettare, credere che il mondo in cui viviamo diventi “ostile”. Eppure le sofferenze, gli shock sono reali. I malati nvecchiano precocemente. Muoiono per l’impossibilità di usare farmaci anche banali. Un’intolleranza alle sostanze chimiche industriali è un’intolleranza a tutto: niente profumi, macchine, vestiti, vernici, utensili, solventi. Il cibo? deve essere rigorosamente “bio”. Le vesti, in fibra naturale. E anche l’aria, soprattutto l’aria, può far male. “Solo studiando come vivono loro ci si rende conto di quanto la chimica sia presente in ogni oggetto delle nostre vite: leggono libri speciali perchè l’inchiostro è pericoloso, una cintura di cuoio può dargli uno shock perchè trattata con solventi”. “Convivo con questa malattia da vent’anni” spiega Anna, il nome è di fantasia, “mio marito ne è affetto: abbiamo comprato una casa davanti al mare perchè potesse viverci: quando sta sottovento non gli arrivano odori. Per andarlo a trovare mi devo fare una doccia ore prima, non entrare in contatto con nessuno, indossare dei vestiti che mi dà lui”. La malattia è degenerativa, non ha cause facilmente classificabili, colpisce sempre in maniera diversa da caso a caso. Tutti elementi che la rendono poco classificabile e ancor meno curabile con la medicina tradizionale. “Queste persone sono terribilmente sole” spiega Serra, “Ma riescono a formare una rete, a condividere le loro esperienze e le strategie di cura e disintossicazione. Si vedono anche come soggetto politico: si battono perché la loro condizione venga resa nota, riconosciuta”. Per incontrarli Caterina ha dovuto agire come loro, con estrema attenzione ai vestiti e agli oggetti che indossava, senza profumo per non irritarli. “Vivendo come loro ho iniziato a notare molto più gli odori, le sostanze chimiche in cui siamo immersi senza rendersene conto”. A suo modo, la “disintossicazione” necessaria e le strategie messe in atto dai malati di Mcs per “vivere” e non semplcemente “sopravvivere” possono far scoprire nuove facce del nostro mondo. Nella necessità si aguzza l’ingegno, si forma il carattere, si cerca di imparare dalle esperienze di chi è come te, di chi ci è già passato. “Proprio perchè è così difficile avere una vita “normale”, queste persone hanno vite, interessi e un modo di vedere le cose straordinario. “Inventano ogni giorno un modo nuovo di adattarsi all’esistenza”. “Possiamo imparare molto, è come se ci avvertissero: occhio, non si può giocare troppo con la natura. Si definiscono ‘canarini da miniera’, come se avessero una visione più ampia, pur essendo in gabbia”. Pur non trovando una risposta nella medicina, esistono terapie e studiosi che si sono occupati di Mcs. I principali centri di ricerca e disintossicazione sono a Dallas, dal dottor William Rea, o in Germania nella clinica universitaria di Friburgo. Le cure sono costose e ogni malato, mai come in questo caso, è “storia a sé”. Eppure la comunità degli affetti da Mcs non è afflitta nè senza speranza. Anzi, la mancanza di “esperti” fa sì che fondamentali si rivelino le comunità di aiuto, i consigli da paziente a paziente, l’ascolto reciproco. Perché alla fine vivere è tutto ciò che conta, come dice una delle persone intervistate da Caterina nel suo libro, con ironia: “Sono deodorata, decolorata, sprofumata, ripulita, struccata, degassata, svuotata, decontaminata, disintossicata… Malata, viva”.

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