Nella tana dell'orso bianco

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Su ciascuna delle due porte di vetro dell'ufficio postale di Longyearbyen spiccano due grandi adesivi dal messaggio inequivocabile: proibito introdurre pistole e fucili. Siamo nella capitale delle Svalbard, un arcipelago nel mar glaciale Artico appartenente alla Norvegia, a metà strada tra la Penisola scandinava e il Polo Nord. Avere un'arma da fuoco non è un optional e i segnali stradali di pericolo con l'orso all'interno di un triangolo rosso non sono una trovata folkloristica. Sulle isole ci sono infatti più orsi bianchi, circa 3 mila secondo un censimento del Norsk Polarinstitutt, l'istituto polare norvegese, che esseri umani (2.614). E capita che uno di questi bestioni, che arrivano a pesare fino a 600 chili, si spinga fino in città in cerca di cibo. Le autorità incoraggiano chi va in giro da solo a non allontanarsi senza un fucile. Lo scorso agosto, la polizia ha abbattuto un orso maschio, magro e affamato, che si aggirava vicino a una stazione meteorologica. Secondo alcuni studiosi lo scioglimento dei ghiacci renderà sempre più difficile per gli orsi cacciare le foche, costringendoli a passare più tempo sulla terra ferma, in prossimità dell'uomo. "Speriamo sempre che qualcuno li avvisti in tempo per essere allontanati piuttosto che uccisi, ma dobbiamo evitare che si abituino a venire in mezzo alla gente", ci dice Per Sefland, il governatore delle Svalbard.

Gli orsi polari sono una specie protetta e chiunque ne abbatta uno viene indagato dalla polizia per stabilire se si sia trattato di legittima difesa. Per prima cosa, bisogna cercare di spaventarli "urlando, battendo le mani e accendendo il motore della motoslitta", come spiega una brochure per i turisti. Poi, si deve sparare a salve. Ma se l'orso attacca, si deve sparare per uccidere. E per farlo, serve un fucile da caccia di grosso calibro. Malgrado l'abbondanza di armi, Sefland assicura che la criminalità è inesistente, fatta eccezione per qualche tafferuglio legato al consumo di alcolici. Tutti tengono le porte di casa sempre aperte e i fucili si usano soltanto per cacciare e per difendersi.
Le Svalbard sono balzate agli onori della cronaca lo scorso febbraio, quando è stata aperta la Banca mondiale delle sementi. Finanziata dalla Norvegia con 6,4 milioni di euro, garantirà la conservazione di una 'copia di riserva' di ogni seme minacciato dai cambiamenti climatici. Ma, una volta partite le autorità e le televisioni arrivate per l'evento, la vita semplice ha ripreso il sopravvento. Unica concessione alla modernità: tutte le novità tecnologiche che in qualche caso rappresentano anche un utile strumento di sopravvivenza.

Scoperte dall'esploratore olandese Willem Barents nel 1596, le Svalbard furono per secoli punto d'appoggio per cacciatori di balene e trichechi, che fornivano grasso per le lampade, pelli e zanne, l'allora 'avorio del Nord'. All'inizio del XX secolo, con l'estrazione del carbone divennero formalmente territorio della Norvegia che però permise lo sfruttamento delle risorse anche ad altre nazioni. Oggi il carbone non rende più come un tempo: uno dei due centri minerari utilizzato dai russi, Pyramiden, è stato abbandonato nel 1998, e Barentsburg, il principale abitato russo, si sta svuotando. Così si è puntato su altri settori: l'educazione, con l'apertura dell'Unis, l'università più a nord del mondo, e il turismo, in pieno sviluppo grazie ai prezzi competitivi della Norwegian, una compagnia aerea low cost. "La clientela sta aumentando", spiega Stefano Poli, 39 anni, milanese che da 13 anni vive a Longyearbyen dove ha fondato Poli Artici, agenzia che organizza escursioni. "Prima si trattava di sportivi tra i 40 e i 50 anni che facevano lunghi giri e dormivano in tenda. Ora ci sono viaggi aziendali e turisti che vengono per un paio di giorni da Oslo o dall'Europa continentale e che vogliono attività brevi, semplici e accessibili".

Nonostante i voli a prezzi bassi, le escursioni alle Svalbard sono costose. Ci si sposta sciando o su slitte trainate da cani o motoslitte, ma è obbligatorio avere con sé una guida, per motivi sia di sicurezza sia di salvaguardia ambientale. Alcune zone sono off limits e serve una speciale autorizzazione del governatore per potervisi recare. A poche decine di chilometri dalla capitale si aprono scenari surreali. Se non c'è il sole e la neve fresca ha sepolto le piste delle motoslitte, ci si può sentire persi nel deserto artico. Animali di solito paurosi come le foche e le renne artiche si lasciano avvicinare dall'uomo, come se ignorassero il pericolo. Per tre secoli, cacciatori e avventurieri hanno svernato alle Svalbard, cercando di dare una cadenza alle proprie giornate dominate dal buio perenne. Il cacciatore Georg Bj rnnes, che passò 20 inverni alle Svalbard nella prima metà del Novecento, si era attrezzato in un modo ingegnoso per non perdere la sensazione del contatto con la realtà. Aveva portato con sé dalla terraferma l'intera annata di un quotidiano. Ogni sera infilava nella cassetta delle lettere il numero del giorno successivo e assaporava le notizie il mattino seguente come se fossero fresche e non dell'anno precedente..

espresso.repubblica.it

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